Satana, non è una persona ma indica una funzione
Il nome di Satana è presente 18 volte nell’Antico Testamento e dobbiamo subito premettere che la maggior parte di ciò che si crede o si pensa di sapere su di lui non proviene da questo libro.
L’immagine comune che lo rappresenta come un demone dalla coda biforcuta, con le corna e il corpo di una capra dalla vita in giù, deriva dall’identificazione iconografica con il dio greco Pan, che però costituisce una delle tante invenzioni assolutamente fantasiose e prive di qualsiasi fondamento.
In ebraico il termine “Satana”, sQv [satàn], significa “avversario” ed è un vocabolo con il quale si definisce una funzione precisa: quella dell’antagonista, così come il termine [malàkh] “angelo” identifica semplicemente la funzione del messaggero.
“Satan” (avversario o accusatore) è un concetto usato sia per gli uomini che per i malakim (angeli)
Il fatto stesso che sia spesso preceduto dall’articolo documenta oltre ogni dubbio che non si tratta di un nome proprio attribuito a un individuo, materiale o spirituale che sia: indica quindi uno status o un compito.
Tra l’altro, non è un compito svolto in esclusiva da un presunto “angelo” (malakim), ma, come vediamo nei passi qui riportati (solo alcuni), il termine sQv [satàn] indica più volte un’attività svolta da uomini, intesi sia singolarmente che in gruppo (vedi anche 1Re 11,23; in 2Sam 19,23 etc).
1) Nel capitolo 29 del Primo libro di Samuele: gli Elohim non vogliono avere [Davide] – e il suo esercito – come sQv [satàn], “avversario”.
2)In 1Re 11,14 si narra di un Idumeo di nome Adàd che,dopo la morte di Davide, si pone come avversario [satàn] di Salomone. Anche qui l’avversario è indubitabilmente un uomo.
Lo stesso concetto di “avversario” o “accusatore” viene mantenuto nel momento in cui il termine è correlato ai [malakhìm], gli “angeli”.
Gli esempi sono innumerevoli e vi rimando alla lettura del testo biblico (Zaccaria 3,1-2, Gb 1,6;2,1;2,6-7, salmo 109,6; In 1Cr 21, Nm 21 e segg, Nm 22,22-32)
Ci limitiamo a rimarcare che:
- la figura di Satana non esiste come singolo attore che agisce con la sua personale individualità, ma rappresenta una posizione, una funzione che può essere svolta sia da uomini che da [malakhìm],
non è sempre e necessariamente un antagonista di “Dio”;
- è spesso un esecutore fedele perché compie esattamente ciò che “Dio” vuole; non può quindi essere identificato in modo inequivocabile come il capo di schiere ribelli.
Ad esempio, in Gb 1,6;2,1;2,6-7 il termine sQv si trova sempre preceduto dall’articolo sQvH [satàn-ha] per indicare che non si tratta di un nome proprio, ma di una precisa funzione (nello specifico “il figlio dell’elohim” si comporta con Giobbe da nemico e lo fa al fine di dimostrare che la devozione di Giobbe per Yahweh è motivata esclusivamente dalle fortune materiali di cui l’Elohìm gli consente di godere)
Notiamo un ulteriore aspetto: questo individuo (figlio dell’elohim) sta svolgendo un compito sgradevole e certo non benevolo, ma in ogni caso autorizzato – o in un certo qual modo addirittura sollecitato – da Yahwèh. Non agisce dunque come principe di una schiera di demoni ribelli, non è lui stesso un ribelle, ma una sorta di incaricato ufficiale che sta agendo in pieno accordo con il suo “capo”, Yahwèh, che gli dice di procedere liberamente ponendo però attenzione a non ucciderlo (2,6).
Lucifero, portatore di luce (= corpo splendente)
La tradizione religiosa ha di fatto realizzato una fusione tra Satana e un’altra figura angelica conosciuta con il nome di Lucifero. Questo termine significa “Portatore di luce” e deriva dal latino lucifer (composto da lux, “luce”, e ferre, “portare”) e dal greco phosphoros (phos, “luce”, epherein, “portare”); il termine è usato per identificare un non meglio definito “corpo celeste splendente”, o eventualmente “astro del mattino” (ossia il pianeta Venere, che compare all’alba anticipando così la luce del giorno).
Secondo le tradizioni giudaico-cristiane, con questo termine s’intende invece un essere incorporeo e luminoso di natura eminentemente maligna, spesso indicato come il capo dei demoni, il signore degli inferi in cui giacciono i dannati: secondo questa tradizione Lucifero era un angelo, appunto, “portatore di luce”, e dopo la sua cacciata dal cielo da parte di “Dio” sarebbe divenuto il Satana, cioè “l’avversario” per eccellenza.
The fallen angel – Alexandre Cabanel
Ma come sono giunti a questa interpretazione?
Quest’identificazione deriva da una “particolarissima” interpretazione di un passo di Isaia, e, in sostanza, i Padri della Chiesa, stabilirono l’identità fra il Lucifero “astro del mattino” di Isaia e il Satana “avversario” di Giobbe e dei Vangeli, operando una saldatura che è entrata nella tradizione religiosa e popolare.
La tradizione patristica ha trovato il suo apice in Tommaso d’Aquino, che ha non solo avallato l’identificazione di Lucifero con Satana, ma anzi ha mirato a documentare che è proprio a partire da tale identificazione che si può cogliere l’origine del cosiddetto “mysterium iniquitatis”, la questione sempre insoluta dell’esistenza del male e dell’ingiustizia nel mondo.
In questa sede non è possibile approfondire il passo di Isaia, ma per questo vi rimando alla lettura del capitolo su Lucifero nel mio libro Il Dio alieno della Bibbia. Nel libro approfondisco anche il Lucifero di Ezechiele un altro brano anticotestamentario che, con una forzatura assolutamente inaccettabile, si vuole spesso ricondurre a Lucifero/Satana (Ezechiele 28, 1 e seg).
Per la gnosi, Lucifero è “il bene”
La dottrina cristiano-cattolica non è stata la sola a operare questo stravolgimento, anche la gnosi a essa contemporanea ha ceduto alla tentazione di utilizzare la figura di Lucifero.
Lo ha fatto però capovolgendone la valenza e reinterpretandola in chiave salvifica: l’ha spogliata delle connotazioni negative e le ha attribuito una funzione liberatrice nei confronti del demiurgo (l’artefice dell’universo).
Secondo questa ipotesi, il serpente/Lucifero descritto nella Genesi sarebbe colui che ha spinto l’uomo ad acquisire la conoscenza del Bene e del Male e a emanciparsi fino a rendersi simile a “Dio”.
Cattolicesimo, gnosi, parti del giudaismo che si rifanno al Secondo Libro di Enoch, ecc.: sul capitolo 14 di Isaia si è sviluppata una congerie di interpretazioni ed elaborazioni teologiche di notevole spessore e anche di grande influenza sulle coscienze delle persone di fede.
I contrasti insanabili tra le valenze positive e negative attribuite alla stessa figura evidenziano ancora una volta i rischi che si corrono quando si abbandona la letteralità del testo e si procede guidati da finalità ideologiche e dottrinali.
Abbiamo appurato che il termine [satàn] non indica neppure un individuo specifico bensì una funzione, un incarico, un compito che può essere svolto sia dagli uomini che dai messaggeri degli Elohìm: non è un’entità spirituale da temere o alla quale potersi rivolgere per evocare non meglio identificate forze
Abbiamo poi documentato come il Lucifero di Isaia non abbia nulla a che vedere con il [satàn] biblico, pertanto non possiamo non chiudere con l’amara considerazione che il satanismo, con tutte le nefaste e drammatiche conseguenze che hanno accompagnato le sue manifestazioni anche più criminose, nasce da dottrine artificiose e in esse trova la sua tristissima e nefanda giustificazione “spirituale”.
Concludendo… da quanto si ricava dalle traduzioni non condizionate dal pensiero teologico, si comprende che la Bibbia stessa è molto lontana dall’iconografia tradizionale che vuole vedere in Satana/Lucifero il principe dei demoni, l’avversario per eccellenza e il signore degli inferi in cui i dannati patiscono le pene eterne.
Belfagor e Belzebù: i rivali dell’elohim Yahweh diventano diavoli
Se alcuni di voi lettori sono venuti alle mie conferenze spiego e documento come la teologia abbia inventato le figure dei diavoli partendo dai nomi che la Bibbia attribuisce agli elohim/baal avversari di Yahweh:
Yahweh aveva dei nemici, altri Elohim, e dai suoi nemici, che erano individui in carne ed ossa come lui, sono stati inventati i demoni… Yahweh è stato invece fatto diventare dio e i suoi nemici i demoni Belfagòr e Belzebù.
- dall’elohim Baalpeor hanno inventato Belfagor;
- dall’elohim Baalzevuv hanno inventato Belzebù.
Ecco il testo prodotto dal rabbino capo della comunità di Rolma, rav Riccardo di Segni[1]:
«L’ironia, lo scherno, la satira, le accuse pesanti nei confronti di altre religioni sono presenti nella Bibbia e continuano in tutta la storia.
Si pensi che un rito fondante l’identità e la religione ebraica, come Pesach, il sacrificio pasquale, nasce come opposizione alla sensibilità e alla religione egiziana.
Quando il Faraone aveva proposto a Mosè di fare i sacrifici in Egitto, Mosè gli aveva detto che se gli ebrei avessero sacrificato animali venerati dagli egiziani avrebbero rischiato la lapidazione da parte di gente offesa.
Ma il giorno prima della piaga dei primogeniti e dell’uscita dall’Egitto il sacrificio viene fatto, pubblicamente e per ordine divino.
Niente di “politically correct”; al contrario la dimostrazione della sconfitta di un sistema.
In tempi biblici si ironizzava sui nomi degli dei, Ba’al (Il signore) diventava Bòshet (la vergogna); Ba’al Zevùl (Il signore del luogo sacro) diventava Ba’al Zevùv (il signore della mosca).
Su questa linea partono i primi cristiani che trasformarono Ba’al Zevùv da divinità a principe dei diavoli: Belzebù».
Yahweh aveva mandato un flagello che aveva ucciso 24.000 persone. Questo “perché i suoi avevano iniziato ad avere rapporti con donne moabite – discendenti dirette di Lot, nipote di Abramo – e a offrire sacrifici all’Elohim dei moabiti, una divinità di nome Kamosh, conosciuto anche come Bahal-Peor (“signore del monte Peor”, un’altura di Moab): una divinità di origine cananea associata alla licensiosità delle pratiche sessuali.
Per inciso, il nome di questa divinità, traslitterato in greco con il nome di Belfegor, è derivato il nome di uno dei tanti principi della demonologia cristiana inventati dalla teologia: Belfagor.
Così come da Baal-zavuv (probabilmente “Signore delle mosche”) è stato fatto derivare l’altrettanto fantasioso Bezebù.
Un articolo di Mauro Biglino
Note:
[1] SHALOM – n.2 pag.22 Febbraio 2015]