Affair Fatima: contraddizioni, segreti e veggenti scomparse
Fatima: gli avvenimenti
I fatti sono noti: dal 13 maggio al 13 ottobre 1917, a Fatima, in Portogallo, tre pastorinhos dai dieci ai sette anni – Lucia dos Santos e i suoi cuginetti, i fratelli Francisco e Jacinta Marto – ebbero, in località Cova de Iria, sei incontri con una creatura luminosa che affermò di provenire dal cielo, affidò loro un messaggio che in seguito sarebbe stato frazionato fraudolentemente nei celebri “tre segreti” e infine compì quello che passò alle cronache come il “miracolo del sole”.
Nessuno di loro affermò – in prima battuta – che si trattasse della “madonna” e tutti e tre descrissero la visione in modo molto distante dall’iconografia mariana.
L’identificazione della figura con la Madre di Dio, alimentata dalla voce popolare, avvenne solo in un secondo tempo e il curioso abbigliamento fu trasformato in un look più aderente al personaggio.
L’incontro nel 1915 delle 3 sorelle
A partire da due anni prima di quel 13 maggio 1917, però, erano avvenuti altri contatti con strani esseri e se quelli del 1916 avevano avuto come protagonisti gli stessi bambini, in quelli del 1915 era presente la sola Lucia, che – occorre ricordarlo, perché è una chiave importante per comprendere tutta la trama – fu l’unica testimone sopravvissuta e anche la sola fonte in base alla quale venne costruita la vicenda dell’apparizione mariana più celebre della storia.
Nel 1915, infatti, mentre la piccola era intenta a pascolare le pecore di famiglia sul monte Cabeço insieme alle sorelle Teresa e Maria Rosa Matias e Maria Justino, apparve una figura che venne descritta in modo diverso di memoriale in memoriale: una nuvoletta bianca in forma umana, una statua di sale o di neve, un giovane luminoso come se fosse di cristallo avvolto in un lenzuolo, ecc.
Ciò che conta, è che Lucia affermerà, molto più tardi, di avere avuto immediatamente la convinzione che si trattasse dell’angelo custode.
Sembra – anche se il racconto è fumoso, ricco di contraddizioni e soprattutto reso quando ormai il grande carrozzone clericale si era già messo in moto – che le bambine se la diedero a gambe e concordarono tra loro di non parlare in famiglia di quello strano incontro, che, tuttavia, si ripeté altre due o tre volte.
Fatima: le piccole veggenti scomparse
Non sappiamo, però, che fine fecero le sorelle Matias e Maria Justino, perché le tre escono di scena senza che venga fatto il minimo accenno su quali conseguenze l’evento ebbe – se le ebbe – su di loro.
Nel 1916 le visioni si ripeteranno, ma questa volta in presenza del cast definitivo, che comprende i due fratelli Marto: in queste occasioni la figura si paleserà come “l’Angelo del Portogallo” e inizierà il sottile condizionamento – poi magistralmente compiuto dalla “Regina del Rosario” – che porterà una recalcitrante Lucia in convento, mentre Francisco e Jacinta bruciarono la loro breve esistenza nell’ossessione di patire per la conversione dei peccatori, in riparazione delle offese fatte a Dio.
Ma oltre alle sorelle Matias e Maria Justino, nell’affaire Fatima c’è un’altra veggente scomparsa: Carolina Carreira.
Carolina Carreira: la “quarta veggente”
Nei documenti ufficiali relativi a Fatima non si parla quasi di questa bambina, che nel 1917 aveva dodici anni, eppure all’epoca dovettero circolare le voci intorno a un curioso incontro da lei fatto proprio alla Cova de Iria. Infatti, nel 1947 don José Pedro da Silva, in attesa di fare una bella carriera e diventare vescovo ausiliare di Lisbona – incarico che detenne dal 1956 al 1965, per poi approdare come titolare alla diocesi di Viseu – interrogò in proposito Lucia, poco prima che questa “decidesse” di entrare nel Carmelo di Coimbra.
Il prelato domandò alla suora il motivo per cui non avesse mai accennato all’avventura di Carolina, della quale doveva essere al corrente. La madre della piccola, tale Maria da Capelinha, aveva infatti riferito di avere chiesto a Lucia di domandare alla “madonna” chi fosse la creatura vista il 28 luglio dalla figlia intorno e sopra al leccio dove avvenivano regolarmente le apparizioni.
La veggente – pare – rivolse l’interrogativo alla Signora a Valinhos, nell’unica apparizione avvenuta in una data (19 agosto) e in un luogo diversi da quelli consueti, poiché i pastorinhos erano stati dapprima arrestati, poi rilasciati dal sindaco di Ourém: tornati a Fatima, erano stati inviati a pascolare le pecore e data l’ora tarda si erano diretti a Valinhos, meno distante da casa rispetto alla Cova de Iria.
Pare che la “madonna”, interpellata, non si perse in troppe spiegazioni, rispondendo frettolosamente che si trattava di «un angelo». Ma Lucia, interrogata nel ’47 dal futuro monsignore, cadde dalle nuvole, affermando di non ricordare l’episodio.
In tal modo, si persero le tracce di Carolina Carreira, che, ormai ultrasettantenne, riemerse dall’oblio solo il 22 luglio 1978, quando il giornalista Joaquim Fernandes, autore insieme a Fina d’Armada di una trilogia dedicata a Fatima, la rintracciò per intervistarla.
l racconto di Carolina Carreira
La donna raccontò che quel giorno di fine luglio, tra le 9 e le 10 del mattino, mentre si trovava in compagnia di un’altra ragazzina di nome Conceiçao, ebbe una curiosa visione proprio in prossimità del leccio (un tipo di quercia, ndr) dove ormai da quattro mesi un Essere di luce (che in quel momento era già stato indicato dalla voce popolare come la Beata Vergine) si manifestava a Lucia, Francisco e Jacinta.
Anzi, proprio nell’ultima apparizione, quella di due settimane prima, la routine iniziata a maggio si era arricchita di un elemento intrigante: la Signora aveva comunicato un lungo messaggio ai pastorinhos, imponendo loro di non rivelarlo.
Carolina raccontò al giornalista che intorno al leccio era stato costruito un muretto in pietra e dietro a quel muretto sia lei, sia la sua occasionale compagna, videro una figura: fu descritta come un bambino dell’apparente età di otto-dieci anni, di statura molto bassa, biondo, vestito di bianco, che passeggiava avanti e indietro all’interno del piccolo recinto di pietre.
Preoccupata non tanto per la strana presenza, quanto per il gregge, la fanciulla era andata a controllare che tutto fosse tranquillo, poi era tornata al suo punto di osservazione e aveva rivisto una figura, che però aveva cambiato posizione: ora si trovava sul leccio.
Rispondendo alle domande del giornalista, la Carreira precisò, riferendosi al primo incontro: «Sembrava un bambino di queste parti, con una tuta bianca e i capelli biondi», poi aggiunse altri dettagli, tra i quali uno particolarmente interessante: in entrambe le occasioni, aveva avvertito dentro di sé come un richiamo: «Vieni qui e recita tre Ave Maria, vieni qui e recita tre Ave Maria»; disse anche di aver domandato a Conceiçao se avesse recepito la stessa richiesta, ma la ragazzina le rispose di no.
Improvvisamente, però, nell’intervista irrompe un elemento quanto meno curioso: dopo alcune esitazioni, la donna affermò che la figura vista in seconda battuta sul leccio, era una Signora che indossava un vestito «quasi uguale a quello di un’immagine che abbiamo nella nostra chiesa a Fatima, un mantello di porpora e una corona sopra la testa, come quella che abbiamo della Madonna Addolorata […]. Era simile». Alla richiesta di maggiori precisazioni, Carolina si trincerò dietro dei «Non ricordo», giustificandoli con il tanto tempo trascorso.
Precisò solo che né la madre, né il fratello le credettero quando raccontò dell’esperienza e alla domanda se avesse obbedito all’invito di pregare, rispose prima di no, poi forse, infine ammise di non ricordare nemmeno quello.
Le contraddizioni delle testimonianze
Anche questo racconto – come mille altri relativi ai fatti occorsi alla Cova de Iria nel 1917 – è zeppo di contraddizioni e di elementi fumosi. Dal mio punto di vista, indicare in Carolina Carreira la «quarta veggente di Fatima», come sono in molti a fare, è un azzardo. Se – forse – la ragazzina vide un bambino aggirarsi all’interno del muretto di pietre che circondava il leccio, il resto della narrazione è inventato di sana pianta o – più facilmente – frutto di autosuggestione.
L’episodio saltò ufficialmente fuori solo nel 1923, quando Maria da Capelinha venne interrogata su vari argomenti dal canonico Manuel Nunes Formigão, che sotto lo pseudonimo di «Visconte di Montelo» fu il primo a condurre un’inchiesta sulle apparizioni di Fatima.
Carolina non attribuì caratteristiche curiose al bambino visto dietro il muretto: disse che non emanava alcuna strana luce, non era trasparente come ci si immagina dovrebbero essere gli angeli e camminava normalmente, come se passeggiasse, l’unica cosa che la colpì fu la sua bassa statura. Perfino la “voce” che avvertì dentro di sé, quella che la invitava a pregare, non ebbe grande effetto su di lei, preoccupata molto di più per il gregge che aveva lasciato incustodito.
Anche la visione della «Madonna Addolorata», simile alla statua della chiesa, non produsse altro che curiosità e quando, dopo aver raccontato l’episodio in famiglia, si sentì rimproverare dalla madre e canzonare dal fratello, non insistette.
Lucia, Francisco e Jacinta, invece, avevano avuto reazioni ben diverse, sfidando tutti pur di rimanere coerenti a quanto affermavano di avere visto; Lucia dirà che sua madre utilizzò ogni mezzo per farle confessare di essersi inventata la Signora: «Non risparmiò, a tal fine, carezze, minacce e neppure il manico della scopa».
Carolina Carreira, invece, rientrò nei ranghi e se Maria da Capelinha non fosse stata interrogata a sei anni di distanza dal canonico Formigão – che forse aveva captato qualche voce in merito al racconto della figlia – nessuno avrebbe saputo niente di lei.
Il Visconte di Montelo non sentì nemmeno il bisogno di parlare con la diretta interessata, ma si accontentò delle parole della madre, cui non diede seguito alcuno.
Alcuni ricercatori affermano che Carolina non venne presa in considerazione perché la sua versione si discostava troppo da quella che, nel frattempo, aveva assunto il carattere dell’ufficialità con l’imprimatur della Chiesa locale, altri insinuano che furono le famiglie Dos Santos e Marto a insistere perché fosse esclusa, non gradendo che un’estranea rischiasse di rubare la scena ai tre pastorinhos.
Tuttavia, la stessa Maria da Capelinha (in alcuni casi chiamata Maria Carreira) si diede da fare per ritagliarsi un ruolo di spicco nella grande kermesse mariana che andò in scena alla Cova di Iria: fu la prima a occuparsi di allestire un abbozzo di altare intorno al leccio delle apparizioni, sua fu l’idea di costruire il muretto in pietra dietro al quale la figlia avrebbe affermato di avere visto “l’angelo” e divenne una delle più attive testimoni dei fatti, miracolo del sole compreso, parlando per prima del «ronzio che sembrava essere quello di un’ape», rilasciando interviste su interviste, minimizzando il racconto di Carolina.
Fernandes e D’Armada ipotizzano che la piccola Carreira ebbe un’esperienza di contatto telepatico, cui non diede seguito perché la sua unica preoccupazione era quella di evitare che al gregge accadesse qualcosa che potesse suscitare le ire del padrone.
In questo caso, mi permetto di non essere d’accordo con loro.
Analizziamo, infatti, ciò che Carolina affermò sia nell’immediato, confidandosi in famiglia, sia più di sessant’anni dopo con il giornalista che la cercò per intervistarla: vide un normalissimo bambino che «stava semplicemente passeggiando da un lato all’altro […] Andò da un angolo all’altro all’interno del muretto di pietre, la parte inferiore del vestito era nascosta dal recinto». Poi – allontanatasi e tornata presso il leccio – osservò un’altra figura, ma questa volta sopra l’albero e la descrisse in modo diverso, ma molto vago, giungendo a identificarla con la statua della Madonna Addolorata presente in chiesa. A Fernandes che la incalzava per farsi dire di più su questa seconda figura, rispose: «È meglio che non diciate che ho visto la Madonna Addolorata, ma che ho visto un angelo», perché così aveva affermato Lucia dopo aver domandato spiegazioni alla Signora il successivo 19 agosto.
È anche curioso che nessuno si sia dato da fare per rintracciare quella tale Conceiçao che sarebbe stata testimone dell’evento; il giornalista domandò all’intervistata maggiori informazioni su di lei, ma la donna rispose di non saperne nulla: «Veniva da molto lontano, da nord, da Espite […] Non la vidi mai più. Non conosco nemmeno il suo cognome».
Carolina: salva per “miracolo”
E allora, dal mio punto di vista, i casi sono due: la dodicenne Carolina – un’altra bambina costretta a lavorare duramente, che di certo aveva poche soddisfazioni – cercò di attirare l’attenzione su di sé impressionata dalla fama che i tre pastorinhos avevano rapidamente acquisito, inventandosi anche lei la sua bella esperienza soprannaturale; oppure si lasciò suggestionare dal clima mistico che avvolgeva Fatima da tre mesi e credette di vedere e udire ciò che, invece, fu solo frutto della propria fantasia.
Non sappiamo nemmeno se corrisponda a verità che sua madre domandò a Lucia di informarsi presso la Signora: come abbiamo visto in precedenza, la suora rispose a don José Pedro da Silva di non ricordare l’episodio.
È dunque possibile ipotizzare che – fermo restando l’esperienza di Carolina, frutto di bugia infantile o di autosuggestione – fu Maria da Capelinha a cercare di montare tutta la faccenda: avendo però riscontrato l’indifferenza di Formigão, che non ritenne nemmeno opportuno interrogare la bambina, dovette accontentarsi del ruolo di custode del luogo delle apparizioni e di testimone oculare che era riuscita a ritagliarsi nell’affaire Fatima.
Se, come qualcuno afferma, il suo intento fu quello di preservare la figlia dalla morbosa curiosità della gente, non si sarebbe lasciata scappare la notizia neppure con il Visconte di Montelo, trincerandosi anche lei dietro un prudente «Non ricordo».
Carolina Carreira, a differenza dei tre pastorinhos, ebbe la possibilità di sposarsi e condurre una vita normale; morì tra il 1979 e il 1980, ultrasettantenne, forse ignorando di aver scampato un pericolo mortale: quello di essere fagocitata nella perversa spirale clericale e di finire i propri giorni in convento, vittima di un martellante lavaggio del cervello, come era accaduto a Lucia.
Un articolo di Laura Fezia
Cosa sono i luoghi di potere e come riscoprirne la magia
Chi erano i celto-liguri?
«C’è chi dice che Dio esiste e chi è convinto che non esista. La verità, come sempre, sarà nel mezzo». W. B. Yeats
È questa una citazione del premio Nobel William Butler Yeats che racchiude in sé uno dei segreti del Nord e delle antiche popolazioni che, millenni orsono, hanno abitato quelle zone del mondo.
Stiamo qui parlando degli antichi celto-liguri, gli abitanti delle Terre del Nord – ovvero dell’Europa nordoccidentale.
Si tratta di popolazioni dotate di un’incredibile sensibilità nei confronti non solo del nostro mondo, ma anche dell’altro mondo, che amavano le terre di confine, il limitare dei pozzi e del mare, il giorno che non era più giorno, la notte che ancora non era notte.
La scarsa conoscenza di questi popoli antichi
Oggi conosciamo poco di queste popolazioni antiche perché molto lontane da noi e dal nostro modo di vivere sempre più distante dalla spiritualità.
È troppo il divario culturale che separa noi uomini e donne moderni da loro, uomini e donne della terra, del Nord, probabilmente cultori del Femminino sacro, della Grande Madre.
Uomini e donne forse più vicini alla saggezza istintiva degli animali e infinitamente più magici, misteriosi, ma allo stesso tempo concreti, pragmatici, “terra terra”.
Oggi possiamo comprendere veramente poco, realmente, di quelle persone che migliaia di anni fa popolavano le nostre terre.
Luoghi di potere
Una delle particolarità delle popolazioni celto-liguri è il fatto che la loro ricca tradizione fosse fatta di molti elementi singolari, quali Grande Madre, Piccolo popolo, dolmen, menhir, cromlech, alberi ultramillenari e i Luoghi di potere.
Con Luoghi di potere s’intendono probabilmente luoghi in cui gli antichi vedevano e/o sentivano l’energia della Dea Madre e le sue sfumature: sapevano cioè riconoscere un luogo sacro e anche l’uso e l’utilizzo che si poteva fare.
Ad oggi è facile riconoscerli poiché con l’avvento del cristianesimo vennero edificate su quei luoghi le prime chiese antiche per sfruttare le energie della Dea.
Come osserva Andrea Cogerino, ricercatore spirituale esperto di sciamanesimo e druidismo, probabilmente gli antichi sentivano e riconoscevano i Luoghi di potere nei punti sulla superficie terrestre in cui – detto in termini arcaici – “si incontrano le linee del drago”, le linee sincroniche”.
E lì gli antichi druidi e druidesse edificavano templi, celebravano riti e si facevano promotori e custodi di numerose operazioni “magiche”, religiose e rituali.
Uno dei Luoghi di potere più famoso del Piemonte (e certamente uno dei Luoghi sacri più importanti d’Europa) è la Sacra di San Michele, ma ve ne sono altri disseminati in altre zone d’Italia.
La funzione dei luoghi di potere
Questi sono luoghi dalle molteplici possibilità:
- ottimi per ricevere guarigioni canalizzando, incubando, raccogliendo e facendo passare l’energia della Dea Madre;
- siti volti alla fertilità;
- propizi per ottenere sogni magici – per i popoli antichi esistevano luoghi per incubare i sogni per contattare i regni spirituali;
- Stargate per contattare il Piccolo popolo.
Ad esempio, i cromlech (cerchi di pietra) erano luoghi in cui era raccolta moltissima energia, e Cogerino ipotizza che questi potessero rendere possibile alle creature dell’altro mondo il passaggio nel nostro mondo e viceversa.
Ancora oggi gli antichi Luoghi di potere ci sono, sono vivi e attivi e raggiungerli è molto più semplice di quello che si pensa: come detto precedentemente, in moti casi basta recarsi nelle antiche chiese medievali che sono state costruite su luoghi di culto pre cristiani.
Oggi esistono i luoghi di potere?
Ancora oggi gli antichi Luoghi di potere ci sono, sono vivi e attivi e raggiungerli è molto più semplice di quello che si pensa: come detto precedentemente, in moti casi basta recarsi nelle antiche chiese medievali che sono state costruite su luoghi di culto pre cristiani.
Scopri di più sulla meravigliosa e affascinate cultura celto-ligure con il webinar “Geografia sacra e Saggezza nascosta dei Nativi europei” di Andrea Cogerino,e parti per un viaggio tra i Luoghi di potere alla ricerca di questa preziosa conoscenza perduta.
Con questo webinar scoprirai:
- cosa sono i Luoghi di potere di geografia sacra e come riconoscerli;
- l’antico culto del femminino sacro e della dea madre Brighid;
- le conoscenze perdute sul Piccolo popolo;
Inoltre avrai la possibilità di partecipare ad una meditazione guidata per connetterti alla Saggezza interiore attraverso il femminino sacro.
Detox con la fitoterapia: elimina le tossine e torna in salute!
Fitoterapia: detossificare il nostro organismo
In questo articolo Cinzia Tarchini, naturopata, consulente in nutrizione e dimagrimento, ti spiegherà in modo molto semplice, quali sono alcuni dei migliori fitoterapici per drenare e detossificare il nostro organismo.
La natura non fa mai nulla per caso, come ci insegnano i più grandi filosofi greci.
Le sue erbe, le sue gemme, i suoi fiori, possono avere virtù depurative, drenanti o addirittura “accelera metabolismo” non indifferenti.
Cominciando un percorso di detossificazione specifico e personalizzato, alimentare e naturopatico, potrai ottenere risultati ancor più veloci ed efficaci!
Che cos’è la fitoterapia?
Innanzitutto, con fitoterapia s’intende quella pratica che prevede l’uso di piante per migliorare alcuni disturbi e per mantenere lo stato di salute.
Il termine deriva dal greco “phytòn” che significa pianta. Quindi letteralmente “terapia con le piante”.
Ma non tutte le piante sono utilizzate, né sono adoperate parti di piante tali e quali.
Il rimedio fitoterapico è infatti un estratto di piante specifiche dette officinali.
Ippocrate, il padre della medicina occidentale
Ippocrate di Cos (460 a.C.), il padre della medicina occidentale, fondatore dell’ars medica antiqua, utilizzava molte argille per uso terapeutico, che provenivano da luoghi diversi e quindi avevano diversi colori e qualità. E ricorreva ai rimedi naturali, da sempre legati ad una conoscenza tramandata oralmente da padre in figlio, come depurativi e riequilibranti.
Fu il primo che, senza introdurre sostanziali cambiamenti, tentò di dare una sistematicità all’utilizzo dei rimedi naturali, facendo una suddivisione basata sul potere di ciascuna pianta e al suo livello d’azione.
Possiamo ben dire che Ippocrate, oltre al Padre della Medicina sia stato un grande Maestro, in quanto estese i suoi insegnamenti ai paesi del Mediterraneo e al Medio-Oriente, permettendo a grandi medici di illustrare le teorie e le tecniche naturopatiche.
Ippocrate sottolineò nella sua teoria l’importanza della pulizia interna con l’eliminazione delle tossine.
La principale risorsa terapeutica consisteva nel non ostacolare e possibilmente rafforzare la Vis Medicatrix Naturae privilegiando la dieta e le terapie naturali rispetto ai farmaci.
Autoguarigione con l’eliminazione delle tossine
Il potere naturale di autoguarigione attraverso la pulizia interna con eliminazione delle tossine è uno dei dettami della scuola ippocratica, ed è un fondamento basilare della filosofia naturopatica.
Di importanza fondamentale nella Terapia Ippocratica è l’alimentazione (dietetica). Suo è il motto: “L’alimento sia la tua prima prescrizione”.
La fitoterapia, a seconda del tipo d’effetto che desidera ottenere con un fitoderivato, realizza per uso orale:
- Tinture madri;
- Gemmoderivati;
- Tisane (infusi o decotti);
- Estratti Fluidi, Secchi e Totali.
Vediamo insieme una carrellata dei fitoderivati che più spesso consiglio ai miei clienti con lo scopo di detossificare e drenare il proprio organismo. Con lo scopo di sgonfiarsi, sentirsi più leggeri e in forma.
Tendi a trattenere i liquidi?
ASPARAGO IN TINTURA MADRE
L’asparago in tintura madre è un ottimo coadiuvante nelle diete dimagranti. Aiuta il drenaggio dei liquidi nelle donne che li trattengono e quindi sviluppano ritenzione idrica, stasi linfatica e cellulite.
- Posologia:
30-40 gocce 3 volte al dì in un dito d’acqua lontano dai pasti per almeno 1 mese.
Per un’azione depurativa preventiva o drenante generale si può usare la tintura madre di asparago diluita in una bottiglia d’acqua: 120 gocce in 1,5 l da sorseggiare durante la giornata.
Ti senti pesante e gonfia?
BETULLA IN TAGLIO TISANA
Rispetto alla betulla in tintura madre che ha un’azione diuretica e antinfiammatoria, l’Infuso di Betulla privilegia il drenaggio dei liquidi e la depurazione organica.
Anche la linfa di betulla è davvero un ottimo drenante, e si può usare anche in gravidanza. Se fossi in dolce attesa e volessi usarla chiedi comunque prima al tuo ginecologo di fiducia.
- Posologia:
L’Infuso si svolge secondo il rituale del the inglese, quindi si porta a bollore l’acqua, si toglie dal fuoco e si versa sulla betulla essiccata (1 cucchiaio raso per 1 tazza da 200 ml) precedentemente messa nella tazza.
Si copre con un piattino per evitare la dispersione dei principi attivi che sono volatili e si lascia in infusione una decina di minuti. A questo punto si filtra, si dolcifica se necessario con del miele (ricorda però che ogni cucchiaino di miele ti costa 20 calorie…) e si consuma immediatamente.
Per una profonda detossificazione l’ideale sono 5 tazze al giorno per almeno 1 mese.
Soffri di cattiva digestione?
CARCIOFO IN TAGLIO TISANA
Ha un sapore piuttosto amaro che può essere corretto con la menta (al 5%) anche per la sua azione depurativa epatica. La tisana al carciofo a differenza di quella alla betulla, di cui puoi bere anche 5 tazze in una giornata lontano dai pasti, è da usare preferibilmente prima e/o dopo i pasti.
Favorisce la digestione e il suo effetto digestivo che può essere utile in caso di abbuffate, proprio come quelle natalizie.
- Posologia:
1 cucchiaio scarso di carciofo taglio tisana in 200 ml di acqua, da lasciare in infusione 5-7 minuti da coperto.
Hai bisogno di dimagrire?
FUCUS (QUERCIA MARINA) IN TINTURA MADRE
Efficacissimo acceleratore metabolico ma da assumere assolutamente sotto il controllo medico in quanto agisce sulla tiroide.
Utilissimo in caso di sovrappeso ed obesità o in caso di rallentamento metabolico.
In più è fortemente remineralizzante e apporta molti oligoelementi.
Favorisce l’eliminazione delle tossine da parte degli organi emuntori e migliora la ritenzione idrica.
- Posologia:
30-40 gocce 2 volte al giorno per non più di 1 mese, sotto controllo medico. Non assumere in caso di tiropatia autoimmune, in caso di ipertiroidismo e/o ipertensione, né in gravidanza o allattamento.
Soffri di cattiva circolazione?
CASTAGNO IN GEMMODERIVATO
Se betulla agisce sul sistema linfatico, castagno lavora sulla congestione prevalentemente venosa, attivando la circolazione linfatica e prevenendo l’intossicazione e la deposizione dei rifiuti colobalici (di scarto) del metabolismo.
Inoltre castagno è attivo negli edemi e gonfiori da insufficienza sia linfatica che venosa (quando sono presenti emorroidi o varici per esempio).
Utilissimo anche per la ritenzione idrica premestruale e nei confronti delle panniculopatie come la cellulite della coscia e del ginocchio.
- Posologia:
30-40 gocce per 2 volte al dì, in un dito d’acqua lontano dai pasti, per 1 mese. Anche associato ad una delle tinture madri sopra citate (come Asparago o Fucus).
Assumi troppi zuccheri o soffri di glicemia alta?
NOCE IN GEMMODERIVATO
E qui ti propongo uno dei miei rimedi fitoterapici preferiti!
Nei confronti del mio iperinsulinismo mi ha davvero aiutata, spero che anche tu possa avere grandi benefici da questo mitico gemmoderivato. Noce ripristina la funzionalità del pancreas migliorando i processi digestivi e migliorando l’habitat dell’intestino. Noce riequilibria anche la secrezione d’insulina con effetto ipoglicemizzante (abbassa gli zuccheri nel sangue).
Quindi è l’ideale per coloro che soffrono di diabete, di iperinsulinismo o comunque che hanno la glicemia alta e hanno accumulato parecchio sovrappeso mangiando troppi carboidrati. Noce è un davvero un ottimo alleato sia per dimagrimento che per salute.
- Posologia:
30-40 gocce per 2 volte al dì, in un dito d’acqua lontano dai pasti, per almeno 1 mese.
Entanglement: la connessione genetica ed emotiva con la propria famiglia
Entanglement: una connessione permanente
Ciò che ha interessato anche recenti ricerche in fisica quantistica è il fenomeno dell’entanglement.
Questo fenomeno, detto anche correlazione quantistica, è il legame fra due particelle di materia che, anche se sono separate nello spazio e nel tempo, mantengono fra loro una connessione permanente. Infatti, se avviene una modificazione della prima particella, questo comporta una modifica immediata nella seconda.
Lo stesso fenomeno può essere riscontrato in un sistema di particelle più complesse, come può essere il corpo umano, cioè l’uomo. Da qui si può quindi presupporre che ognuno di noi, condividendo il corredo genetico ed emotivo con i propri consanguinei, sia in collegamento, in entanglement appunto, con l’intero sistema familiare di appartenenza, da generazione in generazione.
Riportando tutto ciò alla quotidianità ognuno di noi, senza rendersene conto, crea nel proprio ambiente familiare e sociale, condizionamenti che inducono ad associazioni immediate, producendo un’alterazione biologica, in noi e, per effetto dell’entanglement, anche nel nostro sistema familiare.
Questo influenza la percezione soggettiva della realtà, determinata dal personale vissuto emotivo.
Neuroni specchio e l’evento traumatico
Ad esempio, tutti noi abbiamo delle foto in casa e facilmente anche nel portafoglio, oppure accessori, che hanno un particolare ricordo affettivo.
È interessante sapere che questi oggetti, seppur non in contatto alla vista diretta dei nostri occhi, influiscono sul nostro benessere, determinato anche dalla nostra emotività.
Infatti, come la foto di un bambino sorridente procura senso di gioia, allo stesso modo la foto di una persona cara che è venuta a mancare, inevitabilmente genera tristezza e dolore, in quanto rimanda al ricordo dell’evento della perdita.
Ovviamente, occorre qui fare alcune dovute precisazioni, per evitare fraintendimenti su un argomento tanto delicato.
Il coraggio di andare avanti
È indubbio che la perdita di una persona cara lasci il segno, in quanto inevitabilmente crea un vuoto che può sembrare incolmabile…
Tuttavia rappresenta il cambiamento con cui ci dobbiamo comunque confrontare, perché il fluire della vita non si può mettere in discussione.
Inoltre bisogna considerare che per fare ciò, ognuno di noi, a seconda delle circostanze dell’evento e del proprio vissuto, necessita di un tempo personale per dare spazio al proprio dolore, senso di rabbia e di impotenza, per elaborare e maturare l’accaduto.
Tenere ostinatamente esposti o conservare foto, vestiti (in alcuni casi l’abito fa il monaco), monili (fede di nozze, collane e accessori vari), comporta un continuo effetto di ritorno sull’evento traumatico e, come dimostra la teoria dei neuroni specchio, per attivazioni/stimolazioni si creano delle neuro-associazioni di tipo stimolo-risposta apprese che creano un effetto rebound, cioè un effetto di rimbalzo continuo tra il passato e il presente, impedendo la chiusura del lutto e creando pertanto un irretimento sul l’equilibrio dinamico del sistema familiare.
Senso di rabbia, senso di colpa
Razionalmente possiamo dunque interpretare la conservazione di una foto o di un monile come un gesto d’amore nei confronti di chi non c’è più ma, emotivamente, questo gesto rinforza il senso di rabbia per l’accaduto e spesso il senso di colpa per ciò che pensiamo avremmo dovuto o potuto fare.
Per una svolta, diventa quindi importante, iniziare acquisire maggior coscienza sul significato simbolico/sintomatico nel trattenere foto e accessori, in modo da lasciar andare il passato e poter gioire del fluire della vita, per allentare così dolorose tensioni e permetterci di accogliere il bello della vita anche in memoria di chi ci ha lasciato.
Un articolo del dott. Andrea Penna
Attacco di panico e sindrome del gemello mancante
Hai mai vissuto un attacco di panico?
È una domanda a cui molti risponderanno affermativamente, infatti è un disturbo d’ansia che si manifesta molto di frequente, arrivando a colpire annualmente fino all’11% della popolazione mondiale[1].
L’attacco di panico si presenta in maniera imprevedibile, spesso senza una razionale causa scatenante, e chi soffre di questa patologia percepisce un profondo malessere fisico e psicologico.
I sintomi più frequenti sono, prevalentemente, di due categorie:
- sintomi somatici, ovvero che causano un’alterazione dell’equilibrio del sistema neuropsichico: dispnea (difficoltà respiratoria), tachicardia, disturbi psicosensoriali, parestesie, tremori;
- sintomi psichici: paura di morte imminente, paura della perdita del controllo delle azioni, stato di profonda impotenza, percezione alterata dell’ambiente.
Di questa seconda categoria, il dott. Andrea Penna, medico chirurgo con uno spiccato interesse per le medicine complementari, si è focalizzato in particolare sulla ricorrenza di due sintomi: la paura di morte imminente e della perdita del controllo.
E nell’approccio allo studio dell’attacco di panico, Penna ha fatto fondamentalmente uso di due tecniche: la medicina tradizionale cinese e le mimesi della vita.
Cosa sono le mimesi e perché possono aiutarti a comprendere l’attacco di panico?
Con “mimesi” s’intente una tecnica volta a comprendere un legame tra patologie croniche e le dinamiche emotive basata sulle costellazioni familiari di Bert Hellinger.
Durante una seduta, i partecipanti si dispongono in cerchio e mettono in scena emozioni, eventi, patologie, stati d’animo, lasciandosi condurre da movimenti spontanei. In questo modo vengono riprodotti degli schemi di eventi realmente accaduti nei soggetti partecipanti, i quali rappresentano un blocco emozionale della persona.
La mimesi, quindi, permette anche di rimettere in scena l’attacco di panico, e in questo modo, il dott. Penna ha trovato un modo per comprendere quali fossero gli eventi connessi e scatenati del disturbo.
La sindrome del gemello mancato
In ben dieci anni di sperimentazioni, il punto di svolta per il dott. Penna è avvenuto comprendendo che esista di fatto un legate tra evento e emozione.
Inoltre, ha osservato un fatto molto comune per quanto riguarda il modo dei partecipanti alla mimesi di rappresentare l’attacco di panico: ogni volta i soggetti mimavano la sindrome del gemello mancato.
In sostanza, la scena riproposta è sempre la stessa: tra i partecipanti vi è un soggetto che assume il ruolo dell’attacco di panico il quale va, inesorabilmente, incontro ad un fenomeno di morte.
Chi ha vissuto l’esperienza e chi impersona l’attacco di panico si ritrovano a disporsi uno di fronte all’altro e cominciano ad interagire fra di loro fino a quanto il secondo, di colpo, non cade a terra “morendo”. E questo schema non è suggerito dal dott. Penna, viene a crearsi in modo naturale.
Questo fatto di vivere l’attacco di panico come un lutto durante la mimesi, secondo Penna è, inoltre, strettamente legato al fatto che la maggior parte – se non tutti – i suoi paziente hanno visto comparare questo disturbo proprio in seguito ad un lutto.
Tutto ciò gli ha permesso di arrivare ad una soluzione: la predisposizione all’attacco di panico è strettamente correlata al modo in cui è mancato quel fratello gemello.
Questo perché noi siamo la risultante del nostro stato di coscienza (la somma di tutte le memorie del nostro vissuto e di tutto ciò che ci ha preceduti) e della comunicazione emotiva (tutte le forme viventi, anche se non sono simili tra di loro, comunicano tra loro emotivamente e creano una rete di coscienze). Queste due istante, insieme, formano la modalità reattiva.
Noi, quindi, siamo emotivamente anche ciò che condividiamo con gli altri, e conteniamo in noi anche lo stato di coscienza emotiva e comportamentale del vissuto di quel gemello mai venuto al mondo.
Se noi, all’interno dell’utero di nostra madre non eravamo soli, nel bene o nel male conteniamo lo stato emotivo del nostro gemello, ed è impossibile scindersene.
I nostri ricordi sono una memoria viscerale inconsapevole
Arriviamo dunque a un punto chiave: se durante la vita intrauterina ci sono due feti, il gemello mancato e quello sopravvissuto, quello che sopravvive avrà non solo la sua modalità reattiva, ma avrà anche quella del fratello mai nato.
Secondo Penna, essendo che tutto ciò che avviene nella vita intrauterina assume una dimensione di memoria viscerale, ovvero che ogni avvenimento viene memorizzato dentro un organo, e non nel cervello, questo spiega perché all’insorgere di una mancanza si verifichino inspiegabilmente dei sintomi come paura della morte imminente o di impotenza.
Ovvero, si manifestano i sintomi somatici e psichici dell’attacco di panico.
Chi vive questa situazione, proprio perché inconsapevole del fatto di aver condiviso l’inizio della sua esistenza con un gemello, non permette a chi sperimenta la situazione di attacco di panico di capirne la causa.
Due disturbi, una sola causa
Dunque, cos’è l’attacco di panico?
Secondo Penna, è la mimesi del momento in cui è mancato il nostro gemello, con tutto il contenuto emotivo e reattivo dell’evento.
L’attacco di panico è il riemergere in modo acuto e drammatico di una memoria viscerale di un evento realmente accaduto all’interno della vita intrauterina in cui sono stati separati i gemelli. E quindi questo spiega quella paura di morte imminente.
Chi ha avuto paura di morte imminente? Chi è sopravvissuto o il gemello che, di fatto, è mancato?
In questo caso, è stato chi si è lasciato andare a vivere questo tormento.
Chi ha avuto paura di perdere il controllo delle proprie azioni?
Questo entrambi.
Chi ha sperimentato uno stato di profonda impotenza?
Qui, invece, è stato il gemello sopravvissuto a vivere quest’emozione. Si è trovato impotente perché impossibilitato nell’aiutare il fratello.
Ecco perché questi soggetti, nel vivere l’attacco di panico sperimentano tutte queste emozioni.
Come fa il terapeuta a intervenire in questo tipo di memoria?
Applicando una tecnica terapeutica irrazionale, come può essere una mimesi.
NOTE
[1] https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-psichiatrici/ansia-e-disturbi-correlati-allo-stress/attacchi-di-panico-e-disturbo-di-panico#:~:text=Gli%20attacchi%20di%20panico%20sono,un%20periodo%20di%2012%20mesi
Supera la crisi investendo in oro!
Crisi economica senza fine
Il drammatico periodo che stiamo vivendo sembra assumere toni sempre più grigi: non sono bastati i lockdown, i tagli sui posti di lavoro e la crisi finanziaria a pesare sulle tasche dei cittadini, ora siamo di fronte a un aumento astronomico dei prezzi delle materie prime e dell’energia.
A pagarne le conseguenze non saranno solo le famiglie, ma anche la catena di produzione con ripercussioni sulla rete degli approvvigionamenti.
Il quadro complessivo è a dir poco preoccupante: scarsità delle materie prime, con conseguente rallentamento della produzione su scala globale – in particolare in alcuni settori specifici– e la scarsità di manodopera e dei trasporti dovuto soprattutto alle restrizioni anti-Covid.
I prezzi dell’energia sono alle stelle
Tutto ciò non farà altro che comportare un aumento dei costi per risanare una produzione saccheggiata e, di conseguenza, per poter accedere alle materie prime provenienti da altri Paesi produttori.
Avrete notato nell’ultimo periodo un aumento del prezzo della benzina, e a questo andrà presto ad aggiungersi il costo dell’energia che ha raggiunto in poco tempo dei massimi storici preoccupanti e che è destinato a crescere ulteriormente nelle prossime settimane.
Dove investire per restare a galla?
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Per avere una piccola entrata extra sono in molti a ricorrere ad investimenti, ma quali di questi sono sicuri?
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Come contattare il nostro cervello quantico e capire cosa vogliamo davvero
La nostra vita è il prodotto delle nostre decisioni… e allora perché spesso non ci piace?
Pensiamo per un attimo che appaia davanti ai nostri occhi un genio. Abbiamo la possibilità di esaudire tre desideri. Quali chiederemo al genio di esaudire? Amore? Salute? Soldi?
Qual è la nostra vera necessità, la nostra vera intenzione?
Siamo ormai sicuramente tutti concordi nell’affermare che le intenzioni influenzano continuamente il mondo, anche il nostro mondo, e guidano, tracciandone le modalità, le nostre azioni. Però le nostre azioni creano spesso intorno a noi una realtà che spesso sopportiamo a malapena.
Perché dicendosi ripetutamente: “voglio qualcosa di diverso per me” la vita sembra non ascoltarci?
Ti è mai capitato?
Deprogrammare noi stessi per scoprire le nostre vere intenzioni
La vita, come ogni elemento di natura, segue la forza che determina lo scambio di energia quantistica a più livelli.
Il cervello quantico non può identificare il “diverso per te” se non sa di cosa si tratta… Per cambiare veramente e dialogare con il cervello quantico si ha bisogno di regole. Le regole del linguaggio “macchina”.
La Neuro Quantica Evolutiva, ossia parlare al cervello quantico, insegna il linguaggio macchina. Un linguaggio semplice da applicare… Ma bisogna sapere come fare.
La prima e basilare regola del linguaggio macchina del cervello quantico è: niente sforzo. Quindi, nessuna forzatura. Capiamo meglio…
Quando abbiamo l’impressione di sforzarci stiamo andando contro i nostri interessi, i nostri reali bisogni e quindi contro le nostre vere intenzioni profonde.
Il nostro “pensiero promotore” è in letargo… e la nostra vita non è come ci aspettavamo
Ognuno di noi possiede infatti delle capacità latenti e potenti.
Nella saggezza vedica e yogica tali capacità prendono il nome di Vasana. Questi stimolano il pensiero promotore dentro di noi spingendoci ad agire nella direzione giusta per noi. Ma le norme della vita sociale alla quale siamo troppo attaccati, ci impediscono di aderirvi e il pensiero promotore torna in letargo.
Accade così che la maggior parte di risultati ottenuti nella nostra vita, disattendono le nostre aspettative. I cosiddetti fallimenti, in fondo, non sono altro che la manifestazione della falsa intenzione a fare ciò che si stava facendo.
- Si fa per convEnzione: per piacere, per essere accettati, per essere considerati al top.
- Si desidera per convEnzione: per stare al passo, per essere”in” e non “out”, per dire “guardami; esisto”.
Quanto impegno e sforzo sono necessari per agire in questo modo?
Invece, quando ci si apre alle nostre “vere” capacità latenti, liberandole, si attiva il cervello quantico. Si scoprono infinite possibilità e ci si scopre, per la prima volta, un po’ più vivi; oltre le convenzioni sociali, oltre l’effetto gregge. Quando ciò avviene, lo sforzo per realizzare ciò che è interiormente nostro è all’ultimo posto.
Come parlare al nostro cervello quantico? Le molecole emozionali di Candace Pert
I segreti per parlare veramente al cervello quantico risiedono nelle molecole emozionali.
Secondo la neurobiologa Candace Pert, ogni nostra emozione circola nel corpo come sostanza chimica chiamata “neuropeptide”, ovvero brevi catene di amminoacidi o proteine dialogano con ogni cellula del nostro corpo.
La Pert inoltre, sostiene che queste “molecole di emozioni” giochino un ruolo significativo nel guidare ciò che consideriamo percezione e scelta cosciente. Scelta cosciente = decisione su base intenzionale.
Ma ecco la domanda fatidica.
Perché continuiamo ad avere lo stesso tipo di relazioni, gli stessi conflitti, gli stessi capi, la stessa vita che non vogliamo davvero?
Perché continuiamo a finire negli stessi modi relazionali, ad avere gli stessi conflitti, ad incontrare gli stessi capi, a vivere la vita che non vogliamo davvero?
Secondo la Pert, quando i siti di congiunzione neurale dei ricettori sono bombardati continuamente dai neuropeptidi, diventano meno sensibili e richiedono più peptici per essere stimolati.
Cioè, dice, che se siamo bombardati da un certo neuropeptide su un certo neurone, il nostro agire, sarà ripetuto di continuo e quel neurone vorrà sempre più quel neuropeptide.
Effettivamente i ricettori cominciano a volere ardentemente quei neuropeptidi per cui sono stati creati. In questo senso, i nostri corpi sono assuefatti agli stati emotivi.
Appare chiaro ed evidente che in ogni attimo della nostra vita troviamo solo ciò che “intenzionalmente”, consapevoli o meno, abbiamo voluto. Ma questa chiarificazione ci dice anche che: cambiare si può!
Cambiare si può: le domande in concreto per il cervello quantico
Queste sono solo alcune pillole per iniziare a dialogare con il cervello quantico. Molto altro ci sarebbe da dire e molto altro da rivelare…
Ciò che è di primaria importanza è stabilire e rivedere quali sono le vostre “vere” intenzioni e desideri.
Per scoprirlo:
1) ponete attenzione alla qualità della vita che vivete: capirete quali intenzioni vi hanno spinto ad avere questa vita;
2) poi cambiate una idea intenzionale. Per capire “cosa voglio” bisogna rispondere a queste piccole domande per il cervello quantico:
- c’è armonia con me stesso e in me se applico questa nuova intenzione?
- come mi sento se penso a questa nuova intenzione? Provo ansia o piuttosto eccitazione per il nuovo?
- chi e cosa sarò dopo la sua realizzazione?
3) lavorate su una sola idea per questo mese. Magari (anzi sicuramente) la vostra vita cambierà.
Un articolo di Sergio Audasso
Cosa sono Vimana e Yantra, le macchine volanti degli dèi indiani
L’antico manoscritto sanscrito Samarangana Sutradhara: segreti celati nella storia?
Il Samarangana Sutradhara è un manoscritto redatto in sanscrito verso il 1100 d.C. dal re Paramara Bhoja di Dhar, suddiviso in 83 capitoli, per un complessivo di 1144 pagine.
Il testo costituisce il compendio più noto ed importante dell’architettura classica indiana, denominata Vastu.
Il Samarangana Sutradhara, possiede un capitolo dedicato alle Macchine, le Yantras, come anche agli accorgimenti da impiegare in caso di guerra.
Yantra, Vimana: le macchine volanti degli dèi
È proprio il capitolo XXXI ad avere attirato su di sé un grande interesse tra gli studiosi perché è nell’arte difensiva e nella tattica di guerra che furono descritte macchine e strumenti del tutto avveniristici e fuori dal tempo per l’epoca in cui il volume fu scritto.
Re Bhoja usò il generico termine sanscrito “Yantra” – al posto del più familiare “Vimana“ – affermando di aver attinto la sua conoscenza da manoscritti che erano molto antichi già nella sua epoca.
Leggendo il testo integrale appare perfettamente chiara ed evidente al lettore la presenza di aeromobili, macchine volanti, che vengono descritte nel dettaglio. In alcuni brani si descrivono addirittura macchine volanti in grado di muoversi nel Suryamandala, la sfera solare, come anche altri in grado di spingersi oltre nel Naksatra mandala, ovvero la “sfera stellare“.
Un precetto, però, sembra spiegare come mai non tutto può essere detto o descritto in questo capitolo:
«[…] i dettagli sulla costruzione dei Vimana sono misconosciuti in virtù di una necessaria segretezza, e non per ignoranza. Questi dettagli di costruzione non vengono menzionati perché si dovrebbe sapere che se essi fossero pubblicamente resi noti tali macchine potrebbero anche avere un utilizzo sbagliato».
Il timore che tale tecnologia potesse cadere in mani sbagliate è ampiamente evidente in questo paragrafo…
Le macchine volanti… funzionano davvero!
Il fatto ancor più sconcertante, soprattutto verso coloro che hanno teso a negare la realtà dei Vimana, è non solo il fatto che in un testo di quasi 1000 anni fa sia fatto esplicito riferimento all’esistenza di queste macchine volanti, ma soprattutto vengano descritte alcune macchine presenti al loro interno, strumenti che in alcuni casi sono stati ricreati da Università indiane e risultano del tutto funzionanti, oltre che in certi casi avveniristiche.
Leggendo il Samarangana Sutradhara troviamo un’ulteriore dimostrazione che quanto viene descritto sia in realtà qualcosa di ben diverso da una semplice rappresentazione poetica, allegorica e mitografica:
« […] scintillanti in ogni direzione le loro macchine possono viaggiare in ogni direzione la loro immaginazione possa arrivare. Dalle loro grandi altezze essi possono vedere danze stimolanti, drammi teatrali, pure cerimonie rituali. Le loro yantra sono diventate famose tra le dinastie reali e in varie nazioni.
In tale modo le Anime Elette di alcuni volano, mentre quelle di livello più basso camminano. Tutti questi amici sono riusciti nelle cose che loro desideravano di più attraverso le loro macchine, questo dimostra che l’essere umano può volare nell’aria e non solo nella Terra, e che esseri celestiali possono discendere tra i mortali quando vengono a visitare la Terra».
Alcuni di questi velivoli sono descritti con strutture alate simili a quelle dei moderni aeroplani ma viene anche specificato che questo tipo di ‘macchine’ non possono andare indietro o ascendere o discendere verticalmente.
La descrizione fornita risulta del tutto speculare a quella di un moderno aereo in grado di spostarsi in sola linea retta e, ovviamente, non in grado di muoversi nella direzione stessa del suo propulsore.
Un articolo di Enrico Baccarini
Progetto Mk-Ultra e sette segrete: l’induzione di traumi e abusi per manipolare le menti
Manipolazione Mentale attraverso abusi e traumi
Scriveva nel 1958 Aldous Huxley in Ritorno al mondo nuovo scriveva: «Se la dottrina è impartita nel modo giusto e al momento giusto dell’esaurimento nervoso, essa penetra. In condizioni opportune si può convertire in pratica chiunque, a qualunque dottrina si voglia».
Tenete a mente questa frase. Oggi vi parlerò di uno degli argomenti più difficili da trattare per la ricerca alternativa: la manipolazione mentale attraverso l’induzione di traumi e abusi reiterati (violenze sessuali, percosse, shock indotti, deprivazione sensoriali, privazione di cibo, luce, sonno, somministrazione di droghe).
L’argomento è accuratamente evitato dai media mainstream come un tabù: chi ne parla viene liquidato come un visionario. Negli anni la tematica è tornata più volte alla ribalta, venendo sempre tacciata di essere l’emblema delle paranoie cospirazioniste.
Eppure essa ha una storia documentata sconcertante che coinvolge personaggi al di sopra di ogni sospetto. E forse per questo è così intrigante.
NXIVM: setta di Keith Rainere e dell’attrice Allison Mack
Avviene poi sporadicamente, che persino i media mainstream siano costretti a diffondere delle notizie quando queste riguardino scandali giudiziari che coinvolgono persone note allo star-system e sul cui sfondo emergano abusi sessuali e pedofilia.
Si parla di “sette” in modo improprio e del plagio che queste esercitano sui loro adepti per giustificare che se ne parli e per nascondere sotto al tappeto il fatto che queste tecniche siano state utilizzate anche e soprattutto dai governi, dai servizi segreti o dai militari.
Negli ultimi mesi ha destato clamore il culto NXIVM capeggiato da Keith Raniere (accusato di aver avuto anche rapporti sessuali con bambine di dodici anni) e dall’attrice Allison Mack nota per il ruolo di Chloe Sullivan nella nota serie TV Smallville.
Mack, ora fuori su cauzione, è accusata di essere la seconda in comando all’interno del movimento, e di essere stata lareclutatrice di giovani donne nel presunto programma sull’auto-miglioramento morale e psichico per le donne, che in realtà funzionava come una vera e propria setta sessuale per Raniere e altri. Chiamata “DOS”, un acronimo che starebbe per una frase latina che si traduce liberamente in italiano con “Signori delle donne schiave”, il gruppo funzionava con più livelli di schiave guidate dai relativi padroni. Le schiave dovevano reclutare a loro volta altre schiave che a loro volta dovevano servire chi si trovava al di sopra di esse nella gerarchia.
Le giovani reclutate venivano pertanto istruite a servire come schiave sessuali per i padroni designati (e come se non bastasse venivano persino marchiate a fuoco sulla carne).
Ora è impossibile non pensare al progetto Mk-Ultra e alla sua prosecuzione in Monarch.
Il progetto Mk-Ultra
Il progetto MK-Ultra parte proprio dal presupposto citato da Huxley, facendo cioè del “trauma” il suo punto di partenza. Ciò che segue è storicamente accertato e documentato e dovrebbe farci riflettere su quanto sappiamo realmente del potere “invisibile” che muove tutti noi come burattini.
Il progetto fu ordinato dal direttore della CIA, Allen Dulles, il 13 aprile 1953, al fine di contrastare gli studi russi, cinesi e coreani sul cosiddetto controllo mentale (mind control).
Questa tecnica avrebbe dovuto portare numerosi vantaggi, come ad esempio la creazione di assassini inconsapevoli o il controllo di leader stranieri scomodi. Il progetto sarebbe stato sovvenzionato da un totale di 25 milioni di dollari e ne furono coinvolte 80 istituzioni tra cui 44 università e 12 ospedali. Da quel che emerge dagli oltre 22 mila documenti statunitensi declassificati e riportati alla luce nel 1977, gli esperimenti prevedevano il ricorso ad abusi fisici e psichici, radiazioni, elettroshock, ipnosi, infine la somministrazione di sostanze psicotrope quali l’LSD.
Stando ai documenti recuperati (la maggior parte purtroppo fu distrutta), le cavie degli esperimenti erano dipendenti della CIA, personale militare, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali e persone comuni che si offrivano come volontari “a pagamento”; il tutto con lo scopo di verificare che tipo di reazione avessero queste persone sotto l’influsso di droghe e altre sostanze.
L’obiettivo ufficiale degli esperimenti era quello di preparare un’azione di difesa per gli agenti americani a un’eventuale azione analoga che avrebbero potuto subire da agenti russi durante la guerra fredda.
Il progetto Monarch: esiste?
Stando a numerosi ricercatori, questo genere di sperimentazioni non sarebbe però terminato nei “mitici” anni ‘70 ma si sarebbe raffinato e continuerebbe ancora oggi in segretoseguendo un protocollo specifico che avrebbe, secondo alcuni (pensiamo ad esempio a Estulin) trovato la propria sede ideale presso l’Istituto Tavistock, situato nell’omonima cittadina inglese, secondo altri nel progetto Monarch.
Su quest’ultimo aspetto, però, la ricostruzione storica risulta ancora frammentaria, mentre sull’Mk-Ultra i documenti ufficiali che vennero accidentalmente resi pubblici − sfuggiti per errore alla loro distruzione ordinata nel 1973 dall’allora direttore della CIA Richard Helms − si configurano come fonti pienamente attendibili; semmai non sono ancora chiari i traguardi raggiunti da coloro che lavorarono a questo progetto.
Le notizie che ci arrivano oltreoceano su NXIVM dovrebbero spingerci a ripensare quello che sapevamo sui progetti di controllo mentale e farci mettere in discussione i dubbi più che leciti che si avevano sul Monarch.
Altrettanto inquietanti i nomi di membri legati alle élite che stanno emergendo nelle ultime settimane. Maurizio Blondet ha giustamente sottolineato il ruolo che avrebbe avuto Sara e Clare Bronfman – le due figlie di Edgar Bronfman, il padrone della Seagram Whisky, miliardario “canadese”, e presidente del Congresso Ebraico Mondiale – all’interno del movimento come finanziatrici occulte di Raniere.
Le due sorelle avrebbero infatti dato a Raniere una cifra astronomica che si aggira oltre i 150 milioni di dollari! Come se non bastasse, scrive Blondet, NXVIM avrebbe «”addestrato in pochi anni 3700 personalità” del bel mondo, da sir Richard Branson (il fondatore del gruppo Virgin) alla Ana Cristina Fox, figlia dell’ex presidente del Messico, da Stephen Cooper, capo esecutivo della Enron alle sorelle Bronfman».
Questa è solo la punta dell’iceberg, ma basta per intuire come più si sale la piramide del potere e del successo, più si consumano a nostra insaputa crimini di inaudita violenza:induzione alla schiavitù, plagio, pedofilia e chissà cos’altro.
Un articolo di Enrica Perucchietti
Come le élite mondiali mantengono il potere e il controllo
Francesco Maria Toscano: cos’è il “nazismo tecnocratico”e perché è riferito all’attuale dominio dei mercati finanziari?
Francesco Maria Toscano è avvocato, giornalista pubblicista nonché autore di Dittatura finanziaria.
Ed è proprio in questo libro che l’autore utilizza l’espressione “nazismo tecnocratico” in riferimento all’attuale dominio dei mercati finanziari.
Stando alle parole di Toscano, non si tratterebbe di una provocazione, ma di un fatto concreto: è evidente che esista una traccia di continuità che lega l’epopea nazista classica alla violenza dissimulata moderna. I padroni di oggi, sostituendo il concetto di “purezza della razza” con quello di “purezza del bilancio”, puntano a realizzare obiettivi simili. Ritornano poi sempre le stesse dinastie familiari.
Gli interessi del comparto automobilistico tedesco indirizzano le politiche di austerità imposte dalla Merkel all’Europa intera. La BMW, tanto per capirci, è guidata dalla famiglia Quandt, eredi di Gunther Quandt, vero artefice e protagonista delle fortune del gruppo anche in virtù dei suoi strettissimi rapporti con noti gerarchi nazisti a partire da Goebbels.
Mario Draghi e Mario Monti: due figure vezzeggiate dai media tradizionali…
Nella stesura del libro, Toscano offre anche uno spaccato devastante di due personalità importanti nella storia politica italiana contemporanea: Mario Draghi e Mario Monti.
Queste due figure incarnano meglio di altre la sottile e dissimulata violenza di un sistema che ha imparato a sferrare pugni di ferro dentro un guanto di velluto. Dietro l’ossessione con la quale questi tecnici illuminati chiedono di continuo “rigore dei conti” e “riforme strutturali” si cela il dramma di milioni di persone gettati dolosamente nel girone dell’indigenza, della disperazione e della povertà.
Nessuna evidenza di carattere economico giustifica l’adozione di misure fallimentari che tradiscono un solo un evidente odio contro l’Uomo.
Situazione economica greca: una cavia da laboratorio?
La Grecia è stata ed è una cavia da laboratorio. L’èlite globalista ha voluto testare quanto fosse possibile affondare il coltello nella carne viva di una nazione europea senza pagare pegno.
Con la scusa del debito pubblico (che in Grecia è oggi molto più alto di quanto non lo fosse prima delle cure della Troika) la democrazia è stata di fatto sospesa e paralizzata, violentandone non solo la sostanza ma perfino le forme. Come dimenticare ad esempio il tradimento del responso del referendum indetto contro le misure di austerità del luglio del 2015 imputabile al pavido Tsipras?
La Grecia vive sotto una dittatura ipocrita che ha portato indietro la storia di quel paese al tempo dei colonnelli.
E l’Italia?
Il nostro Paese è sotto attacco ma, a differenza della Grecia, ha maggiori strumenti per difendersi. I vertici del potere hanno fino ad oggi garantito il progressivo svuotamento del benessere italiano, materialmente appaltato a figure grigie e servizievoli come Enrico Letta e Paolo Gentiloni (Renzi invece è stato solo una specie di bullo applicato alla politica).
Negli anni, però, l’elettorato ha capito perfettamente come stanno le cose, voltando le spalle al Pd, correttamente individuato come perno della reazione trionfante. Su queste basi è possibile immaginare di poter recuperare a breve una libertà perduta e una dignità nazionale svenduta e oppressa.
Che cosa c’entra l’Isis con la Dittatura Finanziaria?
Diciamo questo: in un mondo globalizzato tanti fenomeni risultano essere discretamente connessi fra di loro. È razionale immaginare che, se esiste una globalizzazione, esiste anche una camera di regia globale – questo approccio possiamo definirlo “logica” o “complottismo”.
E se esiste una cabina di regia globale, questa è guidata da persone in carne e ossa che gestiscono e dominano questi “mercati” appositamente e prudentemente spersonalizzati. Sono gli stessi che si ritrovano periodicamente in ritrovi come quelli di Davos…
È razionale ritenere che queste élite mostrino volti differenti a seconda dei diversi luoghi di intervento: per cui si limiteranno a brandire in Europa il fantasma del “terrorismo economico”, fomentando e finanziando invece in Medio Oriente organizzazioni esperte in “terrorismo politico”. Riannodando i fili all’indietro si intravedono sempre gli stessi centri di potere…